Straferrara: da ottant’anni sulla scena, anche nella vita

Il 14 agosto prossimo la Straferrara, la compagnia dialettale più antica ‘nostra’, compirà il suo 80° genetliaco, 80 anni di rappresentazioni e di scene di vita ferrarese che si son alternate quasi spontaneamente, nella lunga esistenza della compagnia si potrebbe dire, perché il suo mai interrotto lavoro, neppure in tempo di guerra, sotto i bombardamenti, ha reso possibile la storicizzazione della vita della città di Ferrara, con cui si è in qualche modo, identificata: in fondo, anche un pezzetto di storia italiana dal primo dopoguerra in poi, da non dimenticare di ricordare in questo 2011 che celebra i 150 anni dell’Italia Unita.
Chi, tra i meno giovani lettori di quanto si va scrivendo, non ha mai sentito in casa sua la notissima battuta: “T’am pari la Straferrara in próa!”?.

Banale, forse, ma quanto vero e ‘testimone’ di quanto affermato: la Straferrara, ormai, è entrata a pieno titolo a far parte di quella trama ed ordito che reggono il tessuto molteplice di cui già dall’antico son fatte le nostre ricche e stratificate cultura e civiltà, anche nei fasti.

Foto tratta dal libro di M.Cristina Nascosi, I SETTANT’ANNI DELLA STRAFERRARA,  Ferrara, 2001-2002
Foto tratta dal libro di M.Cristina Nascosi, I SETTANT’ANNI DELLA STRAFERRARA,
Ferrara, 2001-2002

Nel tempo, nonostante la perenne ‘endemica’ mancanza di una sede stabile, se si eccettua il periodo in cui il senatore Mario Roffi, ‘mecenate’ da sempre della cultura ferrarese, lui modenese (spilambertese) per nascita, aveva concesso loro per un po’ l’Estivo Massari, i suoi altri compleanni importanti li aveva festeggiati comunque.
Il 50°, nel 1981, era stato ricordato prima al Teatro Comunale, poi all’Arena Nuovo, con Al tramàcc, uno dei cavalli di battaglia redatto a quattro mani da due dei commediografi ‘storici’ della Straferrara, Augusto Celati ed Arturo Forti.
Per i sessant’anni, nel 1991, la compagnia aveva ridato vita, riportandola sulle scene – è proprio il caso di dirlo – ad un’opera che è parte essenziale del patrimonio linguistico – drammaturgico del teatro ferrarese delle origini, Madonna Frrara ch’è vvgnù in villa, in cui la lingua usata non è ancora la dialettale ferrarese, ma una sorta di linguaggio rivierasco – padano, suo progenitore, quello parlato sulle rive del nostro Grande Fiume, forse già ai tempi della ‘città fluviale’, anteriori alle successive addizioni urbanistiche che resero la nostra bella Ferrara, nel 1492, la prima città moderna d’Europa.
Parte del Codice Miscellaneo Estense, conservato nella Biblioteca Estense di Modena, il manoscritto cartaceo di Madonna Frrara…era stato là ritrovato dal prof. Alfonso Lazzari, ma fu poi lo stesso Roffi a portarlo a Ferrara.
Venne rappresentato, per la prima volta, l’11 novembre del 1952, al Teatro Verdi, a conclusione delle manifestazioni culturali ed artistiche di quell’anno ed ebbe molte repliche, con il teatro sempre esaurito.
La mise-en-scène allora era stata curata da Angelo Aguiari, Anzulón, uno dei maestri, per quanto riguarda il jazz ed il teatro, di Michelangelo Antonioni.
Nel 1991 invece lo stesso Beppe Faggioli, erede insieme con la moglie ‘Cici’ Rossana Spadoni, figlia di Ultimo, il fondatore, della Straferrara, ne era stato regista, da sempre, oltreché attore, ottimo ricercatore e ‘filologo’ delle opere drammaturgiche estensi.
“(…) Purtroppo Ferrara – aveva dichiarato allora Beppe in un’intervista ad un quotidiano locale – non ha avuto un De Filippo, né un Goldoni e la nostra lingua dialettale non è stata ben valorizzata. Spesso, nei film ad esempio, è confusa ed assimilata, erroneamente, con il bolognese od il romagnolo. Ma è una lingua molto diversa e capace di un’espressività, come tutti i dialetti, che quella italiana non riesce a raggiungere…”.
Il luogo dato alla rappresentazione fu, ancora una volta, il Teatro Comunale, mentre l’allestimento si avvalse anche della collaborazione musicale della nostra ultracentenaria orchestra a plettro, la Gino Neri.
Il 70° anniversario la Straferrara lo volle ricordare nella stessa sede, dove, per l’occasione, la scelta celebrativa cadde, ancora una volta con uno squisito intento storico – filologico e crono-affettivo sul Don Zzésar, un testo drammaturgico in 3 atti, cavallo di battaglia del milanese Attilio Rovinelli, adattato spesso in altre lingue dialettali, ripreso già da Ultimo Spadoni, a suo tempo.
Un libro, un breve ma essenziale riporto della loro settantennale carriera, steso da chi scrive ed illustrato con splendide foto d’epoca, tratte dal ricco e prezioso Archivio della Straferrara stessa, suggellò quell’importante data.
Anche l’80° anno di attività sarà sancito da una scelta teatrale di doppio spessore, ancor più storica, ancor più affettiva: la commedia rappresentata proprio la sera di domenica 14 agosto prossimo, presso le Scuole “Ercole Mosti”, a Ferrara, infatti, sarà Sal e pévar, tra le migliori più tradotte e diffuse di Alfredo Pitteri, il commediografo ferrarese intellettuale a tutto tondo che, per primo, scrisse componimenti teatrali originali in lingua dialettale ferrarese. Prima di lui le compagnie si erano servite di opere ridotte o interpretate da altri dialetti, come, per fare un esempio, La Castalda, adattata dall’omonima di Carlo Goldoni, in lingua dialettale ferrarese, da Giovanni Pazzi, nel 1902 – anno di nascita, peraltro, di Pitteri.
Scomparso nel marzo di 35 ani fa, dopo un avvio in grande stile da personalità geniale e, dunque, come sempre accade, antesignana, addirittura profetica – a soli 18 anni già dirigeva un periodico di eccellente cultura che, tra i collaboratori contava Filippo De Pisis, Corrado Govoni, Filippo Tommaso Marinetti, fondatore, nel 1909, del Futurismo, il movimento culturale italiano che si espanse e fu apprezzato poi in tutto il mondo, fino alla Russia ed agli Stati Uniti.
Come il Govoni, seppur per un certo periodo, Pitteri aveva aderito entusiasticamente all’ismo poi divenuto internazionale: la sua vivezza intellettuale, fin da giovanissimo, l’aveva visto insieme con Gualtiero Medri, Mario Hyerace e Giuseppe Ravegnani collaborare alla Mostra d’Arte Futurista e d’Avanguardia organizzata a Ravenna tra il novembre ed il dicembre del 1921, alla presenza, naturalmente, dello stesso Marinetti.
Nel 1931, dunque, Alfredo Pitteri fa esordire la Straferrara, la sera del 3 settembre, al Teatro dei Cacciatori di Pontelagoscuro con Pàdar, fiòl…e Stefanìn , titolo di commedia ed ulteriore topos, da allora, per la dialettalità ferrarese, seguito dalla farsa L’unich rimèdi, sempre di Pitteri. Di prammatica, allora, concludere la serata, dopo la commedia, con una farsa.
Tra gli aderenti alla compagine di quel fatidico 14 agosto 1931, oltre al fondatore, Ultimo Spadoni, padre di ‘Cici’, figurano in calce, sull’Atto Costitutivo, Arnaldo Legnani, Umberto Makain, Mario Bellini, Renato Benini, Leonina Guidi Lazzari, Erge Viadana – che diverrà l’interprete per antonomasia de La Castalda – Piero Bellini e Norma Masieri, in arte, Juliska Pitteri, moglie giovanissima di Alfredo…
( e la storia continua…).

di M.Cristina Nascosi Sandri

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