L’ultima commedia della Straferrara per la stagione 2019-2020. Altro omaggio a Faggioli

La storia delle rappresentazioni della Straferrara – che ad agosto di quest’anno compirà 89 anni di attività mai interrotta, neppure in tempo di guerra – si è spesso intersecata con quella del cinema e della tv.
Il 23 febbraio alle 16 alla sala Estense (piazza Municipale) si è concluso il tradizionale Festival del teatro dialettale ferrarese con un grande successo di Beppe Faggioli – anima della compagnia scomparso a fine settembre 2013 –, “Un paés int al baùl”, classico ormai rodatissimo di quello che divenne, alla morte del fondatore Ultimo Spadoni e con la moglie Rossana “Cici” Spadoni, il capocomico del sodalizio che tanto ha dato a quella Ferrara di cui, a buon conto, rappresenta per davvero un’egida e della miglior specie.
E di questa testimonianza di storia e cultura a tutto tondo ne ha dato testimonianza la Straferrara la domenica precedente , ha rappresentato un unicum, “L’è tuta colpa dla paternicilina”, copione splendido, ripescato da Faggioli dal genio drammaturgico dialettale di Augusto Celati, poi da lui rimaneggiato, riadattato, rammodernato e reso up-to-date, sempre mantenendone lo spirito ilare e comico tutto suo. Ma ciò che non molti sanno è che il testo era nato per scopi… cinematografici: infatti Spadoni nel 1955 fu tra gli interpreti di La paternicilina, film girato in lingua dialettale ferrarese dal documentarista e critico cinematografico Adolfo Baruffi, collega e sodale anche di Florestano Vancini.
Nel cast i maggiori attori dialettali di allora, come Scioldo Puttomati, Mario Bellini, Franco Pelagatti e Giuseppe Simoni. Il soggetto della pellicola (andata persa) era basato su un copione originale di Celati, “La colpa ad ciamàrass Pifàni”, che per la sceneggiatura< aveva lavorato a quattro mani con lo stesso Spadoni. È la storia di un improbabile venditore ambulante che, grazie a particolari pillole da lui offerte con effetti a dir poco miracolosi, consente a chi la assume, di venire a conoscenza del nome del padre biologico del nascituro, in casi… dubbi. Un lavoro sempre bello da vedere, per non dimenticare di ricordare le nostre radici, la nostra lingua di latte.

di Maria Cristina Nascosi
Tratto da Nuova Ferrara del 23 Febbraio 2020

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